VENERDÌ SANTO

Processione Eucaristico-Penitenziale 2020

LA PROCESSIONE: evento e significato

 

L’esistenza storica inconfutabile di questo evento è da reperirsi nel voto che la Città di Barletta pronunziò in oc­ca­sio­ne della cessazione della peste del 1656 quando i nostri padri im­plo­ra­rono la divina misericordia por­tan­do Gesù Eu­ca­ristia pro­ces­sio­nal­men­te.1 Tuttavia dagli scritti del tempo emerge che la pro­ces­sio­ne esisteva fin dal 1504, con molta pro­ba­bilità, per­ché quello fu anno di peste. Fin dal 1548 la con­fra­ter­nita del San­tis­si­mo di S. Maria, infatti, viene de­no­mi­na­ta Con­fra­ter­ni­tas Sa­cra­tissimi Corporis Christi Veneris Sancti.2 Questo ap­pel­la­ti­vo del “Venerdì Santo”, dato ad una Con­grega già esi­sten­te in S. Maria dal 1474,3 non poteva non meritarsi che per un fatto tanto im­por­tante, quanto la processione del Venerdì Santo nella Set­ti­mana Mag­gio­re. Più decisivo, a tal pro­posito, è il documento4 in cui la nostra Uni­ver­si­tà, finita la peste del 1503-04, dopo aver fatta la prima pro­ces­sione del Giovedì Santo nel mese di marzo rin­novò, il 20 dicembre del 1504, le convenzioni con l’arcivescovo di Trani. E così, oltre gli obblighi os­ser­vati per le convenzioni precedenti, sti­pu­late sin dal 14245 con lo stesso Ar­ci­ve­sco­vo, la città di Barletta concordò un nuovo obbligo: la pro­ces­sio­ne del corpo di Cristo il detto Gio­ve­dì Santo: “Et etiam in die Jovis prime Pascete et similiter facere omnes so­lem­nitates que requiruntur in tali die quas facere tam in deferendo Corpus Domini per Ci­vi­ta­tem et faciendam ab­so­lu­tio­nem ge­ne­ra­lem, quam in reliquiis ce­re­mo­niis et solemnitatibus”.6 Mons. San­te­ra­mo,7 nostro insigne storico, in­si­ste rac­co­man­dando al lettore l’im­por­tan­za di questo documento, il quale – poiché parla così distintamente della pro­ces­sio­ne del Gio­vedì- dovette sti­pu­lar­si, appunto, per regolare questo fatto nuo­vo che venne ad introdursi nella nostra città. Dunque è indubitato che dal­l’an­no 1504, o già si faceva, o almeno si cominciò la pro­ces­sio­ne del Corpo di Cristo il Giovedì Santo. A conferma di questo abbiamo i do­cu­men­ti del 15088 e la bolla di Leone X del 1517 che ri­par­lano della pro­ces­sio­ne del Giovedì. Come si sia svolta la prima ce­ri­monia e come quella pro­ces­sione, vanto di Barletta, ci sia arrivata con qual­che trasformazione, per il gior­no speciale in cui si compie, è facile pensare. In una notte fra il Gio­vedì e il Venerdì Santo, mentre la peste di quel­l’anno infuriava attorno alle pro­prie case e alle proprie per­so­ne, il popolo bar­let­ta­no, unito col clero, si votò a Dio e portò per la prima volta in processione per la città l’Ostia santa.

Fu solo più tardi che la processione del Giovedì si passò al Venerdì notte, e questa mutazione dovette essere com­piu­ta per una nuova pratica che, allora, andava diffondendosi in tutta la Chiesa e che prendeva piede anche a Barletta: le Qua­rant’Ore.9 Da allora, siccome fu con­ser­va­ta nel Sancta San­ctorum l’ostia esposta per quella pia adorazione il Mer­coledì santo, esple­ta­te come di con­sueto le altre funzioni del Giovedì e Venerdì mattino, il Ve­ner­dì a notte si rilevava l’ostia, ivi conservata, e si por­ta­va per la città in processione. Diversi documenti, dal 1592 fino all’anno del voto (1656), parlano indistintamente di pro­ces­sio­ne del Gio­ve­dì o del Venerdì a notte.10

Un’ultima mutazione cronologica av­ven­ne per ordine di Ferdinando IV che, con un dispaccio del 24 marzo 1769, vietava per motivi di ordine pub­blico, che le processioni si fa­ces­se­ro di notte e spostava, la suddetta pro­ces­sio­ne, al po­me­riggio del Venerdì.11

Merita una particolare attenzione il voto del 1656, anno in cui la peste era quasi debellata, pur essendoci degli stra­scichi a causa dei quali le autorità co­mu­nali avevano preso dei prov­ve­di­men­ti molto rigidi onde evi­tare il con­ta­gio. La cronaca del voto parla della straordinaria liberazione dalla peste che avvenne, pro­di­gio­sa­men­te, per la ne­vi­ca­ta della notte tra il Giovedì Santo e il Venerdì, momento in cui le grazie del­l’Eu­caristia li­be­ra­va­no dai mali della peste la nostra Città. Ri­te­ne­re com­ple­ta­mente in­fon­dato sto­ri­ca­men­te tale even­to, ac­ca­du­to nella notte del 20 aprile 1656, è piuttosto arduo poiché, oltre al giu­ra­mento di quell’anno, di­ver­si do­cu­men­ti attestano che la li­be­ra­zione dalla peste avvenne per la potente presenza dell’Eucaristia.12 Nel testo del voto fatto dalla Città di Barletta emer­go­no par­ti­co­lari interessanti:

1. “questa città è ricordevole di essere stata altre volte liberata da simili mali di pestilenza dalla San­tis­si­ma Eucaristia”;

2. “Onde noi, Sindaco, Eletti e Deputati in nome di tutto il Pubblico ricorrendo nei presenti bisogni alla mi­se­ricordia di Cristo Sacramentato […] fac­cia­mo voto e giuriamo (in­ten­den­do di ob­bli­gare a tal voto e giu­ra­men­to le nostre vite, e di tutti i nostri cittadini presenti e futuri) di far fab­bri­care un trofeo delle divine mi­se­ri­cor­die […] una Cassa o urna d’argento […]”.

La processione eucaristico-penitenziale del Venerdì Santo, per uni­ver­sale at­te­sta­zione, è un momento di profonda spi­ri­tua­lità. Tutto il po­po­lo di Barletta digiuna in quel­l’oc­ca­sione e si ritrova alle 13,30 per le vie del centro nelle quali si snoda la sud­detta pro­ces­sio­ne. Un clima di de­vo­zio­ne e di silenzio caratterizza quel misterioso momento in cui la Passione Vivente del Signore Sa­cra­mentato pas­sa per le strade della nostra amata città!

Il Papa ci ha ricordato nel­l’En­ci­cli­ca sull’Eucaristia che: “Quando il sa­cer­dote pronuncia o canta le parole: “mistero della fede”, i presenti ac­cla­ma­no: “annunziamo la tua morte, Si­gno­re, pro­cla­miamo la tua ri­sur­re­zio­ne, nel­l’at­tesa della tua venuta”, la Chiesa addita il Cristo nel mistero della sua passione. L’intero Triduo Pasquale è come raccolto, an­ti­ci­pa­to, e “concentrato” per sempre nel dono eu­caristico; nel­l’Eu­ca­ristia che lo at­tua­lizza nei secoli, una “capienza” davvero enor­me, nella quale l’intera sto­ria è con­te­nu­ta, come de­sti­na­ta­ria della gra­zia della redenzione” (EE 5).

Nelle usanze del nostro popolo, a metà Quaresima, si preparano i “monu-menti”: legumi e frumento sono lasciati riposare nel buio, sotto i panni e in batuffoli di ovatta bagnati, perché da que­st’ope­ra­zio­ne nascono delle pian­ti­cel­le che, nel Giovedì Santo, sono poste davanti al ta­ber­nacolo dove si conserva Colui che “come il chicco di frumento è caduto nella terra, è morto, ma con la sua morte ha prodotto molto frutto” (cfr. Gv 12,24). È densa di significato questa usan­za che, praticata dalle nostre donne ab im­me­mo­rabili, esprime la sintesi del mi­stero pasquale, rappresenta il mistero della discesa di Cristo nella morte e la sua risurrezione, realtà salvifiche pre­sen­ti nel Santissimo Sacramento: il dono del­l’Eu­caristia si compirà nella passione del Grande Ve­ner­dì e l’oblazione di Cri­sto sulla Croce rimarrà per sempre con­cen­tra­ta nel dono eucaristico, a beneficio dei cristiani di ogni tempo e di ogni luogo.

 

 Canonico

 Don Francesco Piazzolla

 

1.  Nella presente trattazione citiamo il lavoro classico del canonico Salvatore Santeramo, La peste del 1656-57 a Barletta, G. Dellisanti 1912, Barletta.

2. Dal Bonorum del 1627 di S. Maria, in S. Loffredo, Storia della Città di Barletta, II, Vecchi, Trani 1893, p. 175.

3. Dal Bonorum del 1608 di S. Maria, in S. Loffredo, idem, pp. 174-175.

4. Repertorio delle pergamene del Comune di Barletta, pp. 244-46, in S. Santeramo, idem, p. 113.

5. De Leon, Obbligazioni sul Monte di Pietà, p. IX, in S. Santeramo, idem, p. 113.

6. Repertorio pergamene, doc. XLVIII, p. 246ss. in S. Santeramo, idem, p. 113.

7. S. Santeramo, idem, p. 113.

8. Repertorio pergamene, p. 252, in S. Loffredo, idem, pp. 530-533.

9. S. Santeramo, idem, p. 116.

10. S. Santeramo, idem, pp. 117-118.

11. S. Santeramo, idem.

12. S. Santeramo, idem, pp. 120-121 afferma che sulla base del busto argenteo di San Ruggero del 1736 e nel Bonorum della Confraternita del 1678 viene attestato lo stesso intervento miracoloso di cui si parla nella bolla del voto.

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